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Alzheimer, ricercatori italiani scoprono da dove inizia.

La scoperta, pubblicata qualche giorno fa su “Nature Communications”, porta la firma di un gruppo di giovani studiosi italiani della fondazione IRCCS Santa Lucia, del Cnr di Roma e dell’università Campus Bio-Medico, e ci svela i meccanismi fisiopatologici che stanno alla base della malattia.

La nostra ricerca – spiega il Dott. Marcello D’Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia all’università Campus Bio-Medico di Romaha preso in considerazione il mesencefalo, una parte profonda del cervello, e in particolare l’area cosiddetta tegmentale ventrale e ha dimostrato che la morte delle cellule cerebrali deputate alla produzione di dopamina, che si trovano qui, provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo che non soltanto ha una funzione mnesica, ma anche motivazionale”.

Ha solo 31 anni Daniela Aversa, uno dei giovani ricercatori protagonisti di questa scoperta che ha rivoluzionato quanto fino ad ora si conosceva dell’Alzheimer. Lavora in un negozio di surgelati a due metri dalla sede di Gemma Edizioni. Si è pagata gli studi così, ha fatto per anni anche la barista.

Realtà che permettono ai sogni di realizzarsi. Costanza e dedizione, un connubio vincente.

Ieri ha concluso il suo percorso di dottorato in neuroscienze discutendo la tesi: “Studio in vitro dei meccanismi alla base del “dopamine inhibition reversal” in neuroni dopaminergici del mesencefalo ventrale”

Nei momenti di pausa la vediamo sempre sui libri, conscia dell’importanza del suo lavoro nella Ricerca.

“Sono laureata in Biotecnologie Mediche. Ho appena terminato il Dottorato in Neuroscienze dell’Università Tor Vergata di Roma presso il Laboratorio di Neurologia Sperimentale della Fondazione Santa Lucia. Durante il mio percorso, durato tre anni ho collaborato con il gruppo di ricerca diretto dal Professor D’Amelio che ha condotto uno studio molto approfondito sull’origine della malattia di Alzheimer.  Questo lavoro è stato pubblicato recentemente sulla rivista Nature Communications (clicca qui per l’articolo originale) con il titolo “ Dopamine neuronal loss contributes to memory and reward dysfunction in a model of Alzheimer’s disease”. Lo studio ha evidenziato, già nelle primissime fasi della malattia, la morte progressiva dei neuroni dell’area tegmentale ventrale, cioè le cellule cerebrali deputate alla produzione di dopamina. Il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo causa il ‘tilt’ che genera la perdita di memoria. Io, principalmente, mi sono occupata degli esperimenti di plasticità sinaptica in ippocampo mediante l’utilizzo di una tecnica innovativa chiamata Multi-electrode array recordings. Ho eseguito un protocollo di Long Term Potentiation o LTP nel nostro modello sperimentale di malattia e dimostrato come un ripristino della componente dopaminergica mediante l’utilizzo di due sostanze specifiche (Selegiline e L-Dopa) riporti i livelli di apprendimento e memoria pari a quelli del modello di controllo.

Le prospettive che questo studio schiude sono molteplici, il prossimo passo dovrà essere la messa a punto di tecniche neuro-radiologiche più efficaci per diagnosticare la malattia di Alzheimer precocemente. Inoltre, i risultati suggeriscono di non sottovalutare i fenomeni depressivi nella diagnosi di questa malattia.

Concludo dicendo che la Ricerca di base è importante, non sottovalutiamola”.

Daniela Aversa PhD

clicca qui per l’articolo in italiano –> Ansa.it

Occorre investire nella Ricerca, continuiamo a ribadirlo a chiare lettere.

Potremo in questo modo restituire dignità ai malati ed alle loro famiglie.

  • Gemma Gemmiti

 

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